Intervista al dr. Stefano Lucchina, chirurgo della mano

Buongiorno dottore, grazie di consacrare un po’ del suo tempo ai nostri lettori. Lei è chirurgo della mano all’Ospedale La Carità di Locarno, in Ticino.

Prima di tutto come si diventa chirurgo della mano?

Terminati gli studi universitari e ottenuta la Laurea presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia per diventare medico generico occorre ottenere il primo titolo di specialista in Chirurgia Ortopedica o Chirurgia plastica o Chirurgia generale. Questo richiede dai 5 ai 6 anni abitualmente. Se si vuole ottenere il secondo titolo specialistico in chirurgia della mano serve quindi una frequenza particolare di 4 anni unicamente in centri universitari qualificati per la chirurgia della mano in cui occorre completare uno speciale catalogo operatorio per affinare le doti chirurgiche seguite dal superamento di un esame finale.

Quali sono le sue caratteristiche più salienti?

Il lavoro come chirurgo, non come medico, è in primis un divertimento e una passione. Questo spiega perché nel passato anche recente ho speso le mie sporadiche vacanze all’anno per frequentare centri di chirurgia della mano in cui si trovavano dei famosi chirurghi che in primis erano delle grandi persone.
Non sono amante della mediocrità, della pigrizia e delle pause. Della perdita di tempo in genere. Sono troppe le cose da fare nella vita per perdere tempo a lamentarsi o vivere a ritmi blandi.

Qual’è  l’intervento il più complicato e delicato che le è capitato di fare?

Due eventi indimenticabili: il primo dito riattaccato e la prima mano reimpiantati in Ticino. Ore e ore di lavoro spese a riparare arterie, nervi, ossa, tendini. In quelle circostanze, per la prima volta,  non c’erano più i grandi maestri ad aiutarci e a risolvere eventuali complicanze. Eravamo da soli io e il mio amico e collega di Bellinzona. Bella sfida e grande emozioni condivise con chi era presente.

Si è mai sentito demotivato e scoraggiato durante il suo percorso professionale?

Mai demotivato, spesso scoraggiato dalle difficoltà e contrasti incontrati durante il percorso di formazione chirurgica. Ma le difficoltà se non uccidono fortificano…

Lei ha trascorso tutta la sua scolarità obbligatoria in collegi cristiani. Quanto ritiene abbia influenzato nella formazione del suo carattere? Quali insegnamenti ne ha tratto?

È stato fondamentale per apprendere l’educazione, il rispetto dell’autorità, la puntualità, il valore della famiglia, il restare curiosi e operosi e l’importanza di dare tempo agli altri. Gli altri prima del proprio ego.

Quale influenza ha la sua fede in Cristo nel suo modo di affrontare le responsabilità, le situazioni complicate, le difficoltà che ci sono nel  lavoro di squadra, lo stress e la stanchezza e i sacrifici personali che sono parte della sua professione?

Ho imparato a non fare mai agli altri ciò che non vorrei venga fatto a me. E soprattutto, prima di decidere per gli altri, a immaginare che tale scelta venga fatta per me o per una persona a me cara. Ho anche imparato che non sempre si può spiegare razionalmente tutti gli eventi che accadono ma occorre crederci e basta. C’è qualcosa che sfugge alla nostra «ratio» e al nostro tentativo di spiegare e controllare tutto per essere tranquilli. La fede in Dio dà tranquilità e sicurezza anche nei momenti più difficili e «l’uomo è sereno laddove si sente sicuro».

C’è chi ritiene che il paziente per il quale si prega guarisce prima, cosa ne dice?

Vero. Specie se è il paziente stesso a pregare perchè ciò crea un incremento delle sue forze interiori nella fase perioperatoria o nella fase della malattia prima della guarigione. In gergo medico si chiama «compliance». Il paziente che ha delle forze interiori più salde e una partecipazione migliore al programma terapeutico va incontro a risultati migliori e più rapidi.

Lei fa parte di  GICAM ONLUS  (Gruppo Italiano Chirurghi Amici della Mano)  e va operare le mani di bambini, in volontariato, in ospedali missionari in Burkina, Togo, Ghana e in Agosto partirà per una missione in Kenya.  Cosa ci può dire a proposito?

Dal 2012 è partita la collaborazione col GICAM, su richiesta del suo fondatore e mio maestro per la chirurgia della mano, Prof. Lanzetta. Il GICAM è attivo da più di 10 anni in missioni umanitarie in Paesi in via di sviluppo e si impegna in attività di solidarietà in ambito sanitario a livello internazionale mettendo al servizio di terzi le capacità professionali e chirurgiche degli aderenti.  Il progetto «Una mano per l’Africa», avente come destinazioni l’Africa Occidentale, l’Africa Orientale e l’India, coinvolge un team internazionale di noti chirurghi della mano, chirurghi plastici e microchirurghi con lunga esperienza e provenienti da centri di eccellenza principalmente dall’Italia, Canada, Svizzera e Repubblica Ceca.

Dal 2012 sono parte del team di chirurghi e sanitari svizzeri che va a operare bambini e adulti vittime di malformazioni congenite, paralisi nervose, ustioni o guerre.

È sufficiente un Ospedale che ci ospita per circa due settimane.  Trasportiamo là i nostri strumenti nel reparto operatorio e si comincia ad operare i pazienti selezionati in precedenza, secondo uno screening che dia priorità a bambini e donne. Senza la burocrazia e le attività amministrative che occupano il 30% dell’attività medica e distolgono purtroppo quotidianamente il medico dalle cure reali del paziente.

Se qualcuno dei nostri lettori volesse saperne di più su questa missione e sostenerla a chi deve rivolgersi?

Esiste un sito www.gicam.net dove tutto è spiegata l’attività internazionale e sono spiegati gli eventi mondani e benefici di raccolta fondi tutto l’anno.

Per ciò che attiene l’attività del nostro ramo svizzero si può contattare direttamente il mio studio o guardare sul sito www.drlucchina.com.

Da ricordare la particolarità del GICAM a differenza di altre ONLUS: il ricavato delle donazioni va totalmente e unicamente per l’acquisto degli strumentari della sala operatoria volante.  Tutto il resto è volontariato.

Qual’è lo stato della sanità nei paesi africani dove è andato in missione?

Esistono 4 categorie di Ospedali: quelli in cui mancano fondi e organizzazione come in Togo. Quelli in cui ci sono fondi e manca l’organizzazione, come in Benin. Quelli in cui c’è organizzazione ma mancano fondi, come a Ouagadougou in Burkina Faso. Quelli in cui ci sono fondi e l’organizzazione è in continuo miglioramento, come in Ghana. Noi cerchiamo di spingere le prime tre ad avvicinarsi alla quarta situazione.

Ci sono nuove mete che lei vuole ancora raggiungere?

La possibilità di mettere a disposizione di un numero sempre maggiore di persone che vengono da altri Paesi l’offerta sanitaria e la cura dei dettagli che riserviamo abitualmente in Ticino.

Come usa il poco tempo libero che le rimane?

Guardando lo sport in TV o andando a vedere eventi sportivi (calcio e basket NBA le mie prime passioni) o dedicando il 100% del tempo restante a chi mi sta vicino: i miei familiari. Non esiste soddisfazioni in alcun risultato lavorativo raggiunto se non può essere condivisa coi tuoi primi sostenitori, le persone che ci sono sempre.

C’è un passaggio della Bibbia che le è particolarmente caro?

«È meglio un tozzo di pane secco con la pace, che una casa piena di carni con la discordia» (Proverbi 17:1). Basta aprire i giornali e questo tutti i giorni per capire perchè questo versetto dovrebbe essere piu’ ascoltato e messo in pratica.

Grazie, le auguriamo ogni benedizione divina affinché possa ancora aiutare molte persone qui e in Africa.







Datum: 01.07.2014
Autor: Franca Henriette Coray

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