PORTARE FRUTTO
Come e perché?
PORTARE FRUTTO
Come e perché?
Perché è la prima domanda che ci poniamo. Vediamo cosa dice la Bibbia in proposito:
«Povero me, mi sento come uno che arriva dopo la vendemmia e che non trova più nemmeno un po’ di fichi da mangiare. In questa regione non c’è più una persona fedele a Dio, nessuno è onesto… sono maestri nel fare il male… i giudici sono corrotti, i capi hanno pretese, gli uomini influenti tramano per fare i loro interessi. Il migliore e il più onesto di loro è peggiore delle ortiche.
Ma è arrivato il giorno in cui Dio vi punirà. Non fidatevi dell’amico, non confidatevi in vostra moglie. I figli insultano i padri, le figlie si ribellano alle madri, le nuore alle suocere. Ognuno ha i suoi nemici nella propria famiglia.» Michea 7, 1-6 (ca-700 a.C.)
Questo ritratto della società visto da Dio è stato scritto dal profeta Michea, ispirato da Dio, circa 700 anni prima di Cristo. Ma siamo onesti: potrebbe essere tratto dal TG di ieri sera.
Questo
dimostra che l’umanità non
è migliorata nei secoli, ma nemmeno è peggiorata. Consolante? Uhm… l’essenza dell’Uomo non è cambiata, ma
purtroppo nel corso dei secoli, insieme alle conoscenze tecniche, scientifiche
e alla sua meravigliosa capacità creativa è riuscito a portare sempre più in
basso, nel girone infernale, il
suo assurdo potenziale distruttivo. Spinto da una paranoia ed ottusità abissale che gli fa segare il ramo
su cui è seduto.
Perciò ora, più che nel 700 a. C., possiamo rispondere alla domanda perché portare frutto?
1) In mancanza di frutto la società è disastrata, anzi l’umanità stessa è in grave pericolo, per non dire tutto il Pianeta Terra.
2 ) I frutti non solo si mangiano e nutrono la società, ma quelli che cadono nel terreno fertile danno vita a una nuova pianticella che poi crescendo, diventerà un altro albero da frutto e così via … per tutta la Storia dell’umanità. È anche grazie a questi frutti che popoleremo la Città Celeste.
Potenzialmente ogni seme che dà buon frutto, anche minuscolo, ha in sé tutto quello che serve a dare vita ad una nuova pianta, anche a un grande albero; questo lo vediamo specialmente in botanica, ma anche in tutta la biologia.
Avendo capito il pericolo dell’assenza di frutti, capiamo meglio l’insistenza del Signore nello spronarci a dare frutto. Ecco qui di seguito alcuni versetti tratti dal Nuovo Testamento (lista non esaustiva):
«Ogni albero che non fa buon frutto è tagliato e gettato nel fuoco» Matteo 3 e 7, Luca 3
«Camminate in modo degno del Signore per piacergli in ogni cosa, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio» Colossesi 1,10
«Così fratelli miei, anche voi siete stati messi a morte in quanto alla legge, mediante il corpo di Cristo, per appartenere a colui che è risuscitato dei morti, affinché portiamo frutto a Dio.» Romani 7,4
«16 Non siete voi che avete scelto me, ma son io che ho scelto voi, e v’ho costituiti perché andiate, e portiate frutto, e il vostro frutto sia permanente; affinché tutto quel che chiederete al Padre nel mio nome, Egli ve lo dia. 17 Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri.» Giovanni 15
Ma cosa sono questi frutti di cui ha estremo bisogno la nostra società?
Amore, gioia, pace, pazienza, gentilezza, bontà, fede, dolcezza, autocontrollo (Galati 5,22).
Assieme al frutto della luce che è bontà, giustizia e verità (Efesini 5,9).
Effettivamente bisogna essere proprio in cattiva fede (!?!) per non riconoscere l’utilità di questi frutti. Tutti noi agogniamo a vivere in un ambiente dove essi imperano, vero? il Paradiso in Terra…
Dunque, secondo il Signore dovremmo sforzarci di portare questi frutti allo scopo di nutrire e guarire la nostra società e riempire il Cielo. Bello …. ma utopico?
Ma come si fa a portare frutto?
Un po’ scoraggiata (anche voi?) sono andata a fare un giretto nel mio giardino. Osservando il frutteto ho trovato queste analogie che potrete considerare anche banali e infantili, ma che magari possono ispirarci, incoraggiarci e darci uno sprone per una nuova partenza. Vediamone alcune, procedendo con ordine. Accompagnatemi in giardino, scarpe comode ai piedi, guanti solidi, cappello di paglia in testa, grembiule verde intorno alla vita… E si parte.
Quando volete piantare un albero da frutta nel vostro giardino, come procedete?
Inizierete con l’andare al vivaio per scegliere una pianta giovane innestata e poi scaverete un bel buco grosso nel terreno con una vanga.
Il punto dell’innesto deve imperativamente rimanere sopra il terreno, non seppellito, in modo da rimanere visibile. A cosa serve l’innesto? A condizionare l’albero “selvatico” a produrre frutto di buona qualità, adatto al consumo. Conosciamo tutti i ciliegi selvatici, non innestati, che crescono nel bosco. Fioriscono splendidamente, ma se proviamo ad andare a cercare ciliegie uguali a quelle che troviamo nel supermercato rimarremo delusi. Non c’è granché, sono frutti piccoli. Mentre invece le ciliegie grosse, succose e gustose… sono riservate al frutteto coltivato.
E in campo spirituale?
Al momento della
conversione siamo stati innestati sul
ceppo Gesù, che ci nutre
con la sua linfa. Produrremo,
come la vigna innestata, un’uva molto migliore di quella selvatica. Questo
punto d’innesto deve imperativamente rimanere visibile, ecco il perché del
battesimo. Come discepoli di Cristo,
siamo stati inoltre innestati sull’ulivo dell’ebraismo. Non sottovalutiamo
mai questo dato di fatto. Gesù è un Ebreo e tali siamo diventati anche noi,
volenti o nolenti. Ricordiamoci di benedire le nostre radici comuni e di tenere
conto degli altri rami di questo ulivo millenario, senza cadere nell’arroganza di considerarli ormai
sostituiti da noi. Se siamo salvati, è grazie a loro! E se abbiamo la Bibbia, è
grazie ai loro sacrifici.
Ma torniamo nel frutteto…
Prenderete la vostra piantina di preferenza con le radici nude, liberata da ogni rimasuglio del terreno precedente e la pianterete di preferenza prima o dopo il gelo, ma sempre nella stagione fredda e durante la pausa vegetativa. L’alberello in quel momento non avrà foglie e sembrerà morto. Se invece l’acquisterete in un vaso, con la zolla di terra, perché la volete piantare durante la stagione vegetativa pensando di risparmiare tempo e fatica (e freddo), contro ogni logica, il vostro giovane albero farà più fatica ad attecchire nel nuovo terreno.
Vediamo ora perché. Gli alberi trapiantati iniziano con attecchire nel terreno quando sviluppano una rete di radici da grosse a filamentose, per poter trarre dal terreno acqua e nutrimento. Poi, e soltanto in seguito, il vostro albero inizierà ad avere energie per svilupparsi fuori dal terreno, in modo da essere visibile alla vista di tutti. Insomma, la pianta sarà in stato “dormiente” tutto il tempo in cui dovrà adattarsi al nuovo ambiente. Perciò è meglio per lei se non avrà da nutrire foglie e gemme in questa fase delicata.
Avete inteso il principio spirituale? I nuovi credenti vanno lasciati maturare e non devono subito buttarsi nella mischia. E vanno sbarazzati da ogni legame spirituale nocivo con il loro passato per vivere una nuova vita. Abbiate pazienza, sviluppate prima le vostre radici... ( «Io ti istruirò e ti insegnerò la via per la quale devi camminare; io ti consiglierò e avrò gli occhi su di te. Non siate come il cavallo e come il mulo che non hanno intelletto, la cui bocca bisogna frenare con morso e con briglia…» Salmo 32: 8) Ci dice il Signore a questo proposito, molto chiaramente.
Spiritualmente significa che il credente “appena piantato o trapiantato altrove” necessiterà di tempo nel segreto, a tu per tu con il Signore, in comunione intima. Durante tutto questo tempo chi lo osserva dall’esterno non vedrà frutti.
Il segno di questa vita sotterranea sarà anche chiaramente identificabile fuori dal terreno dopo alcuni mesi, a suo tempo; in caso contrario significa che la pianta è morta, che non ha attecchito. Spunteranno gemme e poi belle foglie verdeggianti, a testimoniare che tutto va bene a livello delle radici. La pianta poi inizierà a fruttificare alla sua stagione e progressivamente aumenterà il raccolto. La pianta giovane di norma non produce molto frutto… ma talvolta ci lascia sbigottiti!!
Mi è successo di raccogliere pesche di 500gr da un albero piantato solo dall’inverno precedente.
E poi un’altra cosa: lo spazio, le distanze fra gli alberi. Ci sono alberi di alto fusto e alberelli di basso fusto. Non è saggio piantare ogni specie troppo vicina l’una all’altra in una specie di giungla. Ma neanche troppo lontane, vedremo in seguito perché.
Ogni piantina dovrà essere sostenuta da un tutore, un palo solido e ben piantato che l’aiuti a crescere dritta. Questo sostegno sarà legato al tronco, ma non troppo strettamente. Anzi, bisognerà stare attenti ad allentare il legame man mano che l’alberello cresce per non impedirgli di svilupparsi, con il rischio di strozzarlo. E non è bello vedere un tronco mutilato da una corda dimenticata da un giardiniere negligente. Fa pena davvero!
Qui ognuno di voi troverà facilmente altre analogie con la Chiesa che deve accompagnare progressivamente il giovane nella fede, senza mai costringere e limitarne la crescita. E neppure il credente deve andare a vivere “fuori del mondo” in una serra climatizzata, su un’isola, in una specie di giungla dove la luce del Sole fatica ad arrivare. Cerchiamo anche di evitare la monocoltura, dove le api servono unicamente ad un’unica specie vegetativa e vengono sfruttate egoisticamente disprezzando la biodiversità (vedremo più avanti questo punto).
Tornando al nostro alberello ci accorgiamo che sta crescendo benino solo se troverà le condizioni ideali, cioè un giusto equilibrio fra soleggiamento e annaffiatura.
Spiritualmente, il credente necessita di trovarsi sotto il Sole della presenza di Dio mentre la linfa Gesù scorrerà dalle radici, mantenendo l’umidità indispensabile se, e soltanto se, sarà ben nutrito dalla Parola di Dio. E più le radici saranno piantate profondamente nelle riserve di acque perenni, meno soffrirà in caso di siccità, quando il clima esterno diventa ostile.
La Bibbia ci illustra magnificamente questo concetto: Geremia 17:7-8 «Benedetto l'uomo che confida nel SIGNORE, e la cui fiducia è il SIGNORE! 8 Egli è come un albero piantato vicino all'acqua che distende le sue radici lungo il fiume; non si accorge quando viene la calura e il suo fogliame rimane verde; nell'anno della siccità non è in affanno e non cessa di portare frutto». Vedi anche Il salmo 1.
Incoraggiata da questi esempi più che pertinenti, proseguo nella mia analogia tratta dal mondo vegetale.
Una volta piantato correttamente, alla debita distanza, sostenuto dal suo tutore e dopo averlo visto attecchire grazie al nutrimento e al soleggiamento, il vostro alberello verdeggiante dovrà essere potato. Ossia si dovrà togliere ogni ramo inutile per favorire quelli che fruttificheranno. Ma attenzione a non tagliare a casaccio: bisognerà dar prova di molto rispetto, conoscenza e saggezza e inoltre sarà necessaria un’attenta osservazione. Un alberello giovane va potato diversamente da uno adulto.
Ve lo dice qualcuno che ci ha provato, ed ha fallito miseramente. Malgrado un corso di potatura. Semplice: non ci ho capito nulla!!! Risultato dei miei esperimenti avventati: frutta sparita e rami rinsecchiti.
Spiritualmente noteremo che Dio stesso (chi si ritiene più saggio di Lui alzi la mano) ci pota, agendo in primo luogo sul nostro carattere. Operazione talvolta dolorosa ma indispensabile per portare frutti perenni. Avete presente il detto “cacciate il naturale e tornerà al galoppo”? Questo succede quando proviamo noi stessi a migliorarci, falliamo miseramente.
Dunque, recapitolando, il nostro alberello da frutto è stato:
- innestato
- piantato correttamente
- posizionato sotto i raggi del Sole
- potato regolarmente come si deve, con rispetto, in modo personalizzato da un esperto.
- nutrito e annaffiato
Ecco finalmente arrivata la fioritura! Cosa succede ora?
L’impollinazione, senza la quale anche i fiori più belli non porteranno a nulla.
Gli insetti sono
ottimi impollinatori. I fiori vanno fecondati per “annodarsi” ossia vedrete
formarsi una pallina grande come un pisello sul fiore appassito: significa che
sta crescendo un frutto. Ogni albero da frutto ha bisogno di avere vicino uno o più alberi della sua stessa specie, ma non
obbligatoriamente della sua stessa varietà, per portare frutto. Un pero
piantato da solo in un raggio di oltre 50 km da un altro pero, non porterà
frutto. Anche se sano, potato correttamente e nutrito bene. Perché le api non
riusciranno a volare da un albero all’altro per impollinarlo.
Ci sono alberi cosiddetti auto-fertili, ma sono rari e delicati, come ad esempio il pesco i cui fiori sono sia maschi che femmina e le api, andando da un fiore all’altro, li fecondano facendo davvero poca strada. A chilometro zero come diciamo ora. Ma la maggioranza delle altre specie necessita di stare a portata di volo di api da altri alberi della sua stessa specie, (ma nemmeno troppo vicino, per altre ragioni che abbiamo visto sopra). E questi alberi idealmente non sono cloni in monocultura. Anzi sono varietà che fruttificano in momenti diversi, precoci o tardive, in modo da prolungare il raccolto e non creare una sovrapproduzione in un unico posto e in un momento determinato.
Nel campo spirituale, abbiate pazienza, mi permetto di fare un’analogia audace fra le api e la fratellanza cristiana. L’opera delle api è d’incoraggiamento, sostegno, aiuto reciproco; rappresenta la carità in azione. Nessuno di noi vorrebbe essere l’unico credente della città di New York. Ma spesso ci comportiamo come se fosse il caso: ci isoliamo, evitiamo la comunione fraterna forgiandoci una nostra vita cristiana personale. Così facendo deperiamo e diventiamo facile preda degli insetti nocivi, perché disprezziamo o sottovalutiamo l’opera delle api.
Nel mio giardino c’è una pianta rara, bellissima, rigogliosa, chiamata lingua di drago. Questa pianta non apprezza le api. Preferisce attirare le mosche. E lo fa emanando una puzza tremenda di cadavere... a tal punto che ogni volta che vedo spuntare i fiori, seppur magnifici, esotici, rari e tutto quello che volete …. mi precipito a tagliarli via. Beh sì, la puzza arriva fino al mio balcone! E siccome è lì che mangiamo nella bella stagione, mentre fiorisce la bestia rara… buon appetito!
Torniamo al nostro frutteto, siamo quasi arrivati alla frutta.
Vediamo che per fruttificare gli alberi hanno bisogno anche di acqua piovana.
E lì è fin troppo facile pensare all’azione dello Spirito Santo, ai fiumi d’acqua viva, che riversano i Suoi doni divini. Infatti, chi pianta un frutteto ha bisogno di molta saggezza, intelligenza, autocontrollo, amore, rispetto, pazienza e fiducia ma anche di discernimento, conoscenza e di insegnamento ricevuto da altri.
Infatti, lo stolto potrebbe irrorare a destra e a manca pesticidi pensando così di aumentare la produzione o di eliminare la concorrenza delle piante indigene… Spesso però il coltivatore dilettante ed entusiasta, anche per eccesso di “buona volontà”, produce frutti e legumi più malsani di quelli che si comprano confezionati nella plastica nei supermercati (e non intendo i prodotti biologici). Questo, per mancanza di conoscenza, saggezza, discernimento e pazienza. Voler tutto e subito non produce mai buoni frutti!! Sicuramente non più di una stagione….
E poi, occhio attento alla biodiversità: evitiamo di avvelenare qualsiasi roba che vola, striscia, cammina e che non conosciamo, nel nostro giardino. Non è mai una decisione saggia. Mia nonna paterna, ticinese DOC, contadina…non conosceva le coccinelle. Per lei, ogni insetto era potenzialmente nocivo. Come disse il deputato James M. Cavanaugh nel 1869, in una seduta del Congresso americano: «Io non ho mai visto in vita mia un indiano buono… tranne quando ho visto un indiano morto» mia nonna diceva «non ho mai visto un insetto buono tranne quando un insetto è morto».
Mia nonna, mi capirete penso, ha perso molto della mia stima quando l’ho vista schiacciare sotto i piedi una coccinella che le avevo portata “da ammirare”. Ero scioccata. Avevo solo 7-8 anni quando è successo. (Bisogna dire che ero stata educata a rispettare e RICONOSCERE questi insetti UTILI grazie al mio nonno materno viticoltore che mi faceva da baby-sitter lasciandomi scoprire la Natura in mezzo ai vigneti e alberi da frutta.. I miei compagni di gioco: coccinelle, chiocciole e formiche.)
Idem nella vita spirituale: attenzione nel giudicare subito nocivo e diabolico quello che non si conosce e non si capisce. Attenzione pure a considerare “buoni cristiani salvati” soltanto chi frequenta la nostra stessa comunità, rispettando riti a noi consueti. Ricordiamoci che Dio ama la biodiversità, anzi l’ha inventata LUI e utilizza ogni specie vivente, anche quelle più improbabili ai nostri occhi, come tassello indispensabile del suo grande piano. Anche quando non capiamo, siamo spiazzati e non vediamo nulla, Lui agisce con potenza, amore e Grazia!
Lo Spirito va dove vuole, non tocca a noi imbrigliarlo (per fortuna!)
A OGNI ALBERO il proprio frutto,
Come ho scritto sopra, evitiamo le monoculture. Nessuno vorrebbe e dovrebbe limitarsi a mangiare sempre e soltanto mele, o no??
Ogni specie d’albero è adatta al posto in cui è nativo, al clima dove cresce. Gli agrumi, per fare un esempio, non maturano nei climi freddi, ma chi vorrebbe fare a meno della vitamina C ? Chiedete ai marinai che non si ammalano di scorbuto e conservano i loro denti, grazie ad essa.
Ognuna delle specie di alberi da frutta è vitale là dove si trova meglio. Che sia d’inverno, per esempio il cachi e il sorbo degli uccellatori che procurano cibo agli uccelli. Che sia nei luoghi aridi e caldi, come il dattero nelle oasi, che salva letteralmente il beduino da morte certa, esattamente come fanno le palme da cocco per il naufrago.
E persino davanti a piante poco simpatiche di primo acchito, come
il fico d’India, pieno di spine. Giriamo alla larga? Ma trovatevi
assettati e pieni di determinazione in un deserto e
scoprirete quando succoso può essere!!
Anche nei confronti di fratelli e sorelle che non riusciamo a trovare molto simpatici, perché un po’ chiusi, con un aspetto intimidatorio, forse ricoperti di tatuaggi e piercing, con lo sguardo acuminato e con un linguaggio magari pungente? Eh sì, questi sono spesso reduci da un lungo viaggio nel deserto, hanno sofferto molte cose e sono diventati coriacei.
È però presso di loro che i sofferenti, che non conoscono Cristo, troveranno un orecchio comprensivo, una parola di conforto e incoraggiamenti. Questi “veterani” hanno attraversato il deserto, ne sono usciti grazie a Cristo. Ora possono indicare la via a chi ancora brancola senza meta fra le dune sdrucciolevoli che nascondono altre dune... fino ad arrivare alla meta grazie a questi fichi d’India spinosi che LUI ha piantati là, per loro….
Insomma, con stagione, ambiente e clima sfavorevoli, maturano frutti umili, di difficile accesso e di poco reddito che sono però d’importanza vitale per chi ha fame e sete, ed è ben determinato o disperato al punto giusto.
Ora abbiamo capito per quale ragione bisogna produrre frutti: per essere utili alla società e portare semi di vita eterna e che il Signore sta usando la biodiversità per nutrire e salvare tutti.
Abbiamo anche compreso come Lui vuole farlo per mezzo nostro.
Questo tramite alcuni esempi tratti dal mondo vegetale (seguendo gli spunti biblici).
Ora, incoraggiati e motivati, sempre vestiti da apprendisti arboricoltori, ascoltiamo il nostro Signore che ci ordina:
«V’ho costituiti perché andiate, e portiate frutto, e il vostro frutto sia permanente; affinché tutto quel che chiederete al Padre nel mio nome, Egli ve lo dia»
Buon raccolto!
Franca Henriette Coray
(grazie a Cecilia e Ilenia per la loro disponibilità nella rilettura)
Autor: Franca Henriette Coray